SOCIAL EATING - pausa pranzo

Ospitare è un’arte

L’accoglienza in casa come pratica del vivere bene

La casa è da sempre il grande palcoscenico della nostra vita, il luogo che riesce a far esprimere la nostra parte più intima e vera: non è semplicemente un posto in cui dormire o mangiare, piuttosto è il luogo in cui ci riuniamo con famiglia e amici, ci prendiamo cura del nostro corpo e della nostra mente. Un altro passo importante, forse il più difficile, è saper rendere tutto ciò una “casa accogliente”, che non è fatta solo di oggetti, ma di persone e di sensazioni che questo luogo, se curato nel modo giusto, ci saprà trasmettere mentre lo viviamo. Anche in questo caso non è facile capire come possiamo accogliere nel modo giusto persone esterne al nostro nucleo abitativo.

Secondo i dati raccolti da Intercultura, nonostante calino le nascite e aumentino i single, la famiglia italiana si conferma oggi, come in passato, compatta e ospitale, più che negli altri Paesi europei, almeno quando si tratta di “aggiungere un posto a tavola”.

Gli italiani risultano dunque piuttosto bravi rispetto alla media europea: ma quali sono le regole d’oro per il padrone di casa?

Ospitare è un’arte che va imparata e non una sequenza di goffi gesti improvvisati.

Accogliere le persone nella propria dimora è in primis trasmettere positività attraverso gesti gentili e accurati, che daranno la sensazione di familiarità e non di finzione.

Saper offrire i luoghi della propria casa con generosità permette di creare un legame diretto con gli ospiti.

Condividere il cibo è universalmente riconosciuto come uno dei modi fondamentali con cui si possono stabilire e mantenere rapporti interpersonali.

Il momento del mangiare tutti insieme costituisce un momento significativo per riappropriarsi delle basi delle buone maniere e della condivisione.

Oggi a tavola per lo più vige la fretta, spesso distratti dall’ultima notifica dello smartphone o dall’ultimo spot alla televisione. É significativo, dunque, ritrovare le tracce di queste forme di relazioni umane, soprattutto nella direzione verso cui tende la società contemporanea: una tecnologia che ci tiene costantemente connessi online ma che ci allontana sempre di più dall’interazione umana.

Sposiamo l’idea di condivisione della creatività, della buona cucina e della convivialità.

Non basta possedere un tetto sulla testa per potersi considerare dei bravi padroni di casa.

Ma da cosa si parte? Quali sono le regole?

 

PER IL PADRONE DI CASA

No alla trasandatezza. Il fatto che si resti a cena in casa propria non significa che si sia in diritto di rinunciare alla cura personale, igienica ed estetica. Vestirsi opportunamente, spruzzare la stessa dose di profumo di sempre, usare lo stesso make-up (per le donne che di norma si truccano per uscire) sono i primi gesti che mostrano la volontà di accogliere con cura chi si è lavato, vestito, profumato per venire da voi. Va da sé che pure le ciabatte casalinghe sono bandite, per lo stesso motivo per cui non le indossereste mai al ristorante.

La cena va offerta. Sembra una banalità, ma è bene ribadirla: da che mondo è mondo, invitare persone a cena significa offrire, di base, cibo e acqua. Gradita, ma non necessaria, una bottiglia di vino.

Non occorre preparare chissà quale menu luculliano: basta anche un piatto di pasta quando il piacere è finalizzato al godere della compagnia altrui. La casa è luogo di accoglienza, non il “coperto” di una pizzeria da far risparmiare all’ospite.

Stato d’animo gioioso. Accogliere in casa propria qualcuno dovrebbe essere una gioia del padrone di casa, prima ancora che dell’invitato.

Mostrarsi stanchi, spenti, scocciati è l’atteggiamento perfetto per rendere scadente anche la più prelibata delle ricette, così da trasmettere ai presenti una fastidiosa sensazione di noia e inadeguatezza che alimenta il pensiero “stasera potevo starmene a casa mia”.

PER L'OSPITE

Contegno e decoro. Più normale, ma non ovvio, considerare che l’ospite dovrà presentarsi a casa altrui in abiti che trasmettano la giusta dose di garbo nel modo di vestire. La sciatteria non è scusabile dal grado di amicizia e di confidenza con il padrone di casa che va ringraziato anche dimostrando di aver curato il proprio aspetto per onorare un gradito invito.

Mai a mani vuote. Se l’invito è arrivato per tempo, un vassoio di dolci, una bottiglia di vino, un mazzo fiori, qualsiasi cosa, sia essa commestibile o meno, deve occupare una mano quando con un dito si suona il campanello. Lungi dall’essere il simbolo che ‘riscatta’ la cena offerta, in questi casi il dono è dimostrazione di riconoscenza nei confronti di chi ci ha inserito nella cerchia di persone con cui condividere l’intimità della propria casa e a cui va dimostrata la propria gratitudine. In caso contrario, un bravo padrone di casa non farà mai notare la mancanza, ma il sospetto che sia stato aggiunto il posto a tavola ad uno scroccone farà inevitabilmente capolino anche nelle persone più corrette.

Predisposizione all’allegria. Il sorriso: prima di tutto, è il sorriso stampato in faccia che deve portare con sé l’ospite perfetto, in sintonia con la gioia del contesto che richiede positività. Niente musi lunghi, aria spenta o atteggiamento di chi ha fatto un favore all’altro.

La Blu Acqua negli ultimi anni ha focalizzato la sua mission su interventi e progetti finalizzati alla prevenzione, ponendo grande attenzione a ciò che riguarda l’alimentazione, l’attività sportiva e la cura di sé.

Pensiamo che sia un’occasione unica per iniziare e provare a portare il concetto di ospitalità e condivisione a tavola nel contesto della residenzialità psichiatrica tramite un progetto semplice e condiviso con gli utenti e gli operatori, e che preveda un momento di apertura, scelta e presa di coscienza della realtà esterna.

Sarà un utile strumento di valutazione e monitoraggio degli ospiti e ci permetterà di osservare l’andamento del percorso terapeutico e i benefici dell’approccio a capirsi, a scambiare opinioni, a scoprire le cose che ci accomunano, per conoscersi a partire dai nostri piatti italiani, per poi parlare della cucina degli altri Paesi ed eventualmente anche per cucinare insieme. Un pranzo o una cena diventano così un primo passo, alla portata di tutti, nella lotta all’indifferenza e all’emarginazione.